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COLORO CHE NON IMPARANO DAL PASSATO SONO CONDANNATI A RICADERCI.

La nascita di Portoscuso, che si estende sulla costa Sud-Occidentale della Sardegna, sembra risalire fino alla metà del millecinquecento (1593). Nessuno, comunque, ha la certezza sulla sua vera data di nascita. Su un punto sono tutti d'accordo: il motivo della sua nascita. Portoscuso nasce principalmente come paese di pescatori, e più precisamente, pescatori inclini alla pesca del tonno e del corallo. Quest'ultimo, che ora è praticamente introvabile, veniva pescato tra Su Scoglieddu e S'Isula Prana. Il Paese Dopo la costruzione della tonnara iniziarono a sorgere le prime baracche di pescatori e tonnarotti che probabilmente venivano abitate durante la stagione della pesca. Successivamente quando la pesca del tonno iniziò a fruttare le abitazioni divennero dimore fisse. Le prime costruzioni di un certo rilievo furono la Torre e l'Arsenale (Su Pranu). Il proprietario della tonnara nell'anno 1665 fece costruire una chiesetta adiacente a Su Pranu che fu dedicata dai pescatori alla Madonna d'Itria. Purtroppo il paese era soggetto a numerose incursioni piratesche, alcune delle quali si trasformarono in leggende. Nell'anno 1660, si narra che, durante una terribile incursione barbarica, la popolazione fuggì verso l'interno ma senza fortuna. Molti furono barbaricamente uccisi e parte resi prigionieri. Il luogo del massacro è ricordato con il nome di Monte Dolorosu (Monte del Dolore). Solo dopo il 1816 le azioni barbariche ebbero fine grazie ad una tremenda battaglia che vide come vincitore la flotta inglese.Il Paese Il paese era sottoposto anche ad un altro tipo di sventura: le zone limitrofe del luogo erano popolate da paludi. Le zanzare portatrici di malaria diedero i suoi morti, non risparmiando nessuno, neppure i bambini. Solo nella metà del millenovecento, grazie alla "Fondazione Rockfeller" americana, si riuscì a debellare la terribile pestilenza. Fu nel 1853 che il paese venne riconosciuto comune a se. Nel 1914 fu costruita la scuola e nel 1922 la caserma dei carabinieri. Questa è in breve la storia del nostro paese, riassunta dall'autore grazie ad un'istruzione acquisita tramite innumerevoli opuscoli e articoli riguardanti la cittadina.

Su Pranu


Nella piazza Santa Maria d'Itria, con la facciata rivolta ad oriente, sorge il Palazzotto della tonnara e le relative abitazioni dei tonnarotti, is barraccas, con una superficie complessiva di circa diecimila metri quadri. Ha una forma trapezoidale ed uno spiazzo interno, Su Pranu, aperto verso il mare, di circa cinquemila metri quadri; sempre verso il mare si protendono le due costruzioni, con il tetto in tegole sarde, che costituiscono gli alloggi dei tonnarotti ed i vari magazzini. L'anno di costruzione si può far risalire alla seconda metà del 1500; esso ha subito profonde e continue modifiche strutturali, a causa dei frequenti assalti da parte dei pirati barbareschi, che oltre a depredare quanto vi trovavano, incendiavano le baracche e distruggevano gli stabili.Su Pranu Gli arrendatori della tonnara che si avvicendarono nei primi anni, dovettero affrontare difficoltà di ogni genere per reperire il materiale atto alla costruzione delle baracche che dovevano ospitare i tonnarotti, soprattutto per l'ostilità dei proprietari e dei pastori dei paesi vicini, sul cui apporto era basata la sopravvivenza dei tonnarotti e pescatori vari. Su Pranu Con il trascorrere degli anni e superando peripezie di tutti i generi, gli stabili de Su Pranu incominciarono ad assumere determinate caratteristiche, rimaste infine inalterate fino ai nostri giorni. Su Pranu è da considerarsi come una fortezza autonoma, munita di tutto ciò che doveva renderla indipendente dall'esterno. Esiste infatti un forno, un magazzino per la conservazione della farina, dei cereali, dell'olio e del vino. Vi sono le officine per la costruzione dei chiodi e ferramenta, altre per la riparazione degli attrezzi della pesca, arnesi per la filatura delle funi. La stessa costruzione propone lo schema gerarchico della società di allora. Al di sopra di tutto la parte padronale, poi quella dei diretti collaboratori, Rais, Vicerais e guardiano, ed in posizione periferica, le abitazioni a piano terra, is barraccas, che ospitavano per l'intera stagione, i componenti della ciurma. Queste barraccas nel 1738, servirono da temporaneo alloggio ai tabarchini, in particolare alle donne ed ai bambini, in attesa che venissero costruite le nuove abitazioni nel villaggio che si stava erigendo nell'isola di San Pietro. Caratteristica delle barraccas erano le funi di canapa che scorrevano da una parete all'altra, dalle quali pendevano a fine stagione, le uova di tonno ed il ventrame già essiccato. Il luogo di riunione, quando alla sera erano terminate le fatiche concernenti la pesca, era la piazza Santa Maria d'Itria, allietata dai canti dei tonnarotti. Se si osserva Su Pranu dalla piazza, a destra si può vedere un ponte chiuso, con una finestra, che poggia su un arco a sesto abbassato, del diametro di metri 4,50; di seguito, a due piani, l'abitazione del Rais ed al piano terra quella del Vicerais; entrambi hanno pavimenti e scale in legno. Su due piccole colonne, poggiate sul tetto dell'appartamento del Rais, vi è appesa la campana di bronzo, del peso di 12 chilogrammi, che veniva suonata, in diverse ore, secondo le necessità inerenti all'attività della pesca, per chiamare a raccolta i tonnarotti.Su Pranu A bande opposte, vicino alla chiesa, sopra l'abitazione del guardiano, si trova l'asta sulla quale veniva issata la bandiera, croce rossa in campo bianco, che annunciava alla popolazione che era in atto la mattanza. Si accede all'interno de su Pranu attraverso un arco in trachite a sesto abbassato chiuso da un massiccio e robusto portone di età plurisecolare, con serramenti ancora antiquati. In alto, al centro dell'arco, risalta uno stemma marmoreo: una corona con aquila, ed un fregio gentilizio, lo stemma sabaudo in calce, su un manto di porpora. Vi sono scolpite due P che stanno a significare la proprietà del Marchese Trivigno Pasqua Don Pietro Vivaldi Zatrillas. Al proprietario della tonnara era riservato il titolo di Barone di Portoscuso. Di fronte al mare nel lato centrale, scorre la loggia, sostenuta da travi dì legno sormontata da un tetto di tegole sarde con colonne in pietra lavorata che illumina la residenza dei padroni, composta da camere intercomunicanti, con cucina, uffici, camere da letto. Al centro dello spiazzo interno, nel 1698, vi è stato sistemato un orologio solare o meridiana, formato da una lastra di marmo con le ore scolpite in numeri romani. Sempre all'interno, il secondo locale del lato Ovest era adibito a cappella. Ancora oggi possiamo ammirare una piccola nicchia detta di Sant'Antonio, ed un'altra della Vergine del Carmelo; all'ingresso è sistemata la pila per l'acqua benedetta. La cappella ha una forma rettangolare ed una superficie complessiva di 120 metri quadri. Il presbiterio sopraelevato di 20 centimetri, si distacca dalla parte riservata ai fedeli, mentre quattro grandi arcate in pietra lavorata, sostengono la capriata del tetto. Perse la sua funzione pubblica quando, nel 1655, il Marchese Vivaldi Pasqua fece costruire la nuova chiesa fuori dal perimetro de Su Pranu, che venne dedicata dai tonnarotti alla Madonna d'Itria: rimane però compatrono di Portoscuso Sant'Antonio da Padova, protettore delle tonnare. Sul lato sinistro, quasi sotto la loggia, si trova una fontana molto profonda con un diametro di metri 1,50; da essa si attingeva l'acqua per tutto lo stabile ed è altrettanto antica. Nel 1870 è stato costruito un arsenale coperto, che poggia su 28 solide e robuste colonne granitiche, con tre arcate a tutto sesto che si affacciano sul mare e altre tre verso terra. Internamente corre un cunicolo che serviva a far passare le funi per il remisaggio di vascelli e barche. Da Su Pranu era consuetudine benedire il mare per tre volte all'anno: durante la processione di Santa Maria d'Itria, di Sant'Antonio e del Corpus Domini. La sua attività intensa, operosa e nel contempo allegra, non ha mai smesso di funzionare neppure nel periodo bellico. Soltanto da pochi anni la campana che chiamava i tonnarotti alle fatiche quotidiane, tace.

La Torre


Il simbolo della nascita di Portoscuso è rappresentato dalla Torre che si innalza da secoli su uno sperone roccioso e domina tutto il golfo circostante. La sua costruzione risale al periodo della dominazione spagnola ed il fine era quello di stabilirvi un presidio armato a difesa del luogo, con l'avvistamento delle navi nemiche ed in particolare quelle dei pirati saraceni. Costoro giungevano per depredare lo stabilimento della tonnara e quanto a loro poteva tornare utile, compresi gli abitanti che portavano via per venderli come schiavi. Questa Torre è dunque la muta testimone degli avvenimenti del paese, nato sotto la sua ombra, ed è testimone di tutte le calamità ed i travagli che i portescusesi subirono e della forza di volontà che ebbero perché il paese che avevano fondato prosperasse. Essa fa parte di una serie di torri che circondano il litorale della Sardegna, fatte costruire appunto dal Real Governo Spagnolo a scopo di difesa. Il motivo principale che rese necessaria la costruzione di tali opere di difesa fu la costante ed invadente potenza dei Saraceni i quali, fin dai tempi delle Repubbliche Marinare, costituivano un continuo pericolo sia per i naviganti sia per i paesi costieri, che vivevano nel terrore di possibili saccheggi. La Torre Alcune erano state costruite con il solo compito di segnalazione di eventuali pericoli, altre con il compito di difesa vera e propria. La loro locazione era scelta di solito nei punti più alti degli imbocchi dei porti, a protezione dei traffici marittimi in genere ed in particolare per proteggere il ricavato delle pesche del tonno e dei corallo, poiché tali attività, soprattutto le "autunnares", le tonnare, avevano avuto un grande sviluppo durante il regno di Filippo Il di Spagna. La costruzione della Torre di Portoscuso risale al periodo dell'impianto della tonnara, realizzata con l'autorizzazione di Filippo Il dal mercante cagliaritano Pietro Porta, il quale si era trovato nella necessità di proteggere la costa dai pirati saraceni. Nell'anno 1636, durante una delle incursioni più violente, i barbareschi riuscirono ad avere il sopravvento sul presidio armato ed a radere al suolo la Torre. La sua riedificazione venne subito disposta e stanziata con i fondi della Real Cassa. L'anno seguente, su progetto del Mastro Razional Don Giacinto de Bolea e su lavori di costruzione diretti dai capi mastri scalpellini della città di Cagliari - Gaspare Pinna e Nicolao Cuccuru -, la Torre veniva di nuovo edificata e resa funzionante. Un altro terribile attacco barbaresco si ebbe nell'anno 1760; la Torre fu ancora semidistrutta, e poi ricostruita con l'attuale forma a tronco di cono. Poggia su un gruppo di scogli, a metri 30 sul livello del mare, ed ha un'altezza di metri 16. Tutti i successivi attacchi da parte dei nemici, vennero respinti; pertanto la torre conserva la stessa struttura di allora. Essa ha la parte esterna ricoperta di pietre irregolari, mentre la sommità è circondata da pietre regolari a rostro per difesa e altre feritorie per offesa. Tramite una scala esterna a ventaglio, composta da 18 gradini si accede al primo piano, sollevato a metri 4 dal suolo. L'illuminazione interna è data da 7 finestre ad arco. Al centro trovasi, interrata, una cisterna di circa 3 metri cubi alimentata dall'acqua piovana che dalla terrazza è fatta confluire con condotte interne ai muri perimetrali. In vistoso risalto due archi a tutto sesto si intersecano al centro, a metri 8 di altezza, dividendo la volta circolare in quattro quarti. In quello di Nord-Est gli archi si obliquano, in quanto per la loro funzione statico-bellica dovevano reggere la spinta che i cannoni, sistemati nella terrazza, esercitavano. Una scala con 40 gradini, a camminamento interno, congiunge la sala alla terrazza. Attualmente qui nella parte NE si trovano due vani e un ripostiglio, fatti costruire nel periodo sabaudo per alloggiamento della Regia Guardia delle Gabelle (Finanza).La Torre Nella calotta restante, vi sono 8 posti per i cannoni. In origine la capacità di fuoco dei pezzi di artiglieria era di 360 gradi. Data la sua ubicazione, la visualità è tale da comprendere la pianura fino a Paringianu, i canali di Sant'Antioco e San Pietro, su Scogliu Mannu, la baia di Portupaleddu e tutto il coronamento roccioso che da Baccu Ollastu va a Ghilotta e Sinineddu.